Lunedì 16 settembre- Laino Castello
Lasciamo Morano Calabro per spostarci ancora di più verso il confine con la Basilicata: aLaino Castello, in una zona della Calabria che nel corso dei millenni è stata scenario di incontro e scontro per molti popoli. Il territorio è immerso nel Parco Nazionale del Pollino ed è attraversato dal Lao, ricco di foreste ed animali selvatici. Il sito inizialedel Borgo doveva essere in prossimità della riva dell’alto corso del Lao, alla confluenza con il Mercure. Si tratta di un sistema di colline posto ai margini della piana che permette di arrivare all’alto corso del Sinni e sullo Jonio. Tracce dell’esistenza di comunità e villaggi su queste colline sono attestati grazie a ritrovamenti sporadici e a molti recuperi che si devono alla famiglia Cappelli[1]. L’archeologo e studioso Edoardo Galli[2] provò per la prima volta a mettere insieme dati ed informazioni raccolti, per ricostruire l’archeologia del territorio. Le testimonianze più antiche sono relative alcune sepolture con corredo funerario, databili alla prima età del Ferro (IX-VIII sec.a.C.), poi i rinvenimenti fatti per la costruzione della Ferrovia (1923-1924), che misero in luce abitati di epoca arcaica ed ellenistica con pavimenti in cocciopesto a mosaico, databili tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C. Altre attestazioni, anche di notevole interesse, sono state sempre sporadiche o relative a scavi d’emergenza: rilievo fittile con protome femminile, numerose statuette in terracotta con alcune matrici, frammenti ceramici a vernice nera e nel 1929 fu anche recuperato un bronzetto di Athena Promachos, datato al IV sec. a.C. Quando arriviamo con il nostro Bus nella piazza antistante il Comune ci accolgono il Sindaco e l’amministrazione comunale. Scendiamo dal Bus, e pronti a vivere un’altra fantastica giornata, saliamosu piccoli pulmini, più adatti a percorrere queste strette strade montane, fatte di tonanti e salite, che ci portano direttamente in un agriturismo per il check-in. La location che ci accoglierà per la notte è posta fuori dal centro, immersa nelle colline circostanti tra natura, tranquillità e tradizione contadina. L’edificiodell’agriturismo, per lungo tempo,fu adibito a Scuola accogliendo ragazzi e ragazze anche dei piccoli centri vicini, ora è stato ristrutturato ma èsempre all’ombra di quel pino, da più di 100 anni. Un posto ben curato, pulito con un personale giovane e cordiale, ci sentiamo subito a casa. Dopo aver fatto una doccia veloce, Antonio raduna tutti recuperando in stanza qualche ritardatario e saliamo sullo Scuola Bus, mandato dal comune che ci riporterà sulla collina di S. Teodoro. Laino Castello e Laino Borgo, per alcuni anni hanno costituito un unico comune, ma attualmente sono due amministrazioni diverse. Mentre arriviamo, in lontananza, si vede una stradina che sembra scavata nella roccia, un gruppetto di abitazioni incastrate tra loro ed un’alta torre. Quello che vediamo è il borgo antico, sulla collina di S. Teodoro, che racchiude molti elementi della storia di Laino. Laino Castello inizia la sua conformazione attuale nella prima fase bizantina (800 d.C. ca), con cuiil monachesimo greco-bizantino entrò nel territorio come testimoniano alcune grotte naturali, adibite ad abitazioni, ancora visibili sul fianco della collina. La pratica del rito greco si arresta sono nel 1562. Il Borgo ed il territorio circostante hanno avuto varie influenze e dall’arrivo dei Normanni iniziarono le successioni feudali (Normanni, Longobardi, Angioini, Aragonesi). Durante la fase longobarda sul colle di S. Teodoro fu eretto anche un castello/castrum con 3 lati a picco ed uno d’accesso, di cui restano solo ruderi. Quando scendiamo dallo scuola bus alcuni ragazzi, figuranti in costumi medievali, ci accompagnano lungo la strada fino a giungere nella piazzetta dove, approfittando della bellissima giornata, il comune di Laino Castello ha deciso di preparate la conferenza. Oggi l’incontroè molto partecipato, associazioni e cittadini che ascoltano con attenzione il resoconto di questi pochi giorni di viaggio, cercando di capirne anche le finalità. Il panorama attorno a noi è suggestivo, siamo seduti disposti su file al centro della piazza, con a sinistra la chiesa di S. Teodoro, a destra la strada del centro storico e sullo sfondo intorno colline e montagne disseminate di case e piccoli centri, con in lontananza le alte cime del Pollino. Il Sindaco racconta degli sforzi e della volontà impiegata da parte di tutti per poter riavviare il Borgo “vecchio” di Laino, abbandonato completamente dopo il terremoto del 1982, perché pericolante. I tanti lavori di restauro e consolidamento hanno permesso di rendere nuovamente fruibile il borgo, attraverso la gente che lo vive e lo vuole far vivere agli altri. L’impegno profuso e l’attenzione per la conservazione e valorizzazione di questo Borgo è stato determinante per la sopravvivenza del posto, evitando di perderlo completamente. Il pranzo, preparato nel Ristorante del centro storiconella piazzetta, è stato un po’ più leggero e rapido, rispetto a quello cui siamo stati abituati in questi giorni, per dare spazio all’attività del pomeriggio: il rafting lungo il Canyon de Lao. Il fiume Lao (Laos in antichità, prendendo il nome dalla colonia Magno Greca) nasce in Basilicata dalla montagna Serra del Prete, uno dei massicci della catena montuosa del Pollino all’interno del Parco Nazionale,è lungo circa 50 chilometri eMantiene una portata d’acqua sufficiente anche in estate e sfocia nel Mar Tirreno all’altezza di Scalea. Incontriamo i ragazzi che gestiscono le piccole “aziende” di rafting ed hanno deciso di regalarci questa esperienza unica. Non sono tutti italiani, alcuni vengono dall’Austria e dall’America Latina ed hanno trovato in questa terra un nuovo modo di vivere nel rispetto della natura, creando un turismo sportivo e divertente, dedicato anche ai bambini ed alle famiglie. Nessuno di noi ha mai provato una simile esperienza e, incuriositi e entusiasmati, seguiamo le indicazioni dei nostri amici salendo a gruppi di sei sui pulmini che ci condurranno ai campi-base lungo il fiume. Siamo divisi in 3 basi di partenza con 6 persone per gommone, incluso un esperto che fa da guida per ogni gruppetto. La temperatura di oggi è calda con un leggero venticello che agita le cime degli alberi del Canyon. Prima di salire a bordo dei gommoni indossiamo l’attrezzatura di sicurezza (giubbotto di salvataggio e casco) e con un remo ciascuno ci posizioniamo a bordo. è stato scelto un percorso semplice e lineare, sicuro anche per i bambini, durante il quale ci siamo divertiti tantissimo, come fossimo ragazzini. Chi remava bene e chi buttava l’acqua dentro, chi rideva e gridava, chi era incantato e non riusciva a far altro che remare guardandosi intono e sentendosi come un esploratore di una piccola Amazzonia. E’ un posto suggestivo e rilassante, lontano dalla tecnologia che ha la capacità di rimetterti in comunicazione con te stesso, condividendo un’esperienza che poggia la sua motivazione nel rispetto dell’ambiente e nella valorizzazione del patrimonio naturale. Questo luogo e questo borgo offrono tante location e tanti scorci interessanti che il nostro regista Giovanni non può lasciarsi sfuggire e, mentre con Simone A. raccolgono materiale per il docufilm con anche qualche intervista, Simone (laureando in DAMS) e Serena (stage Baluma)con la macchina per le riprese, seguono dall’alto i passaggi dei gommoni in acqua. Il lavoro che stanno svolgendo con le riprese ed il montaggioè fantastico. Giovanni è il nostro regista, innamorato del suo lavoro e della macchina da presa, ci segue con attenzione e allo stesso tempo con discrezione, attraverso quegli immancabili occhiali da sole che lo rendono quasi invisibile anche quando è al centro della scena, cercando di catturare quel “vero” che è in ognuno di noi. Simone A. lavora con Giovanni da molti anni, lui si occupa anche del montaggio e sta trascorrendo queste nottate di viaggio a montare il video riassuntivo della giornata trascorsa. Insieme a loro, per qualche giorno, c’è Serena, che studia all’università di Parma e sta facendo un tirocinio con la casa di produzione di Giovanni. E’ una ragazza solare e riflessiva ed ama ciò che fa, anche lei si è calata in questa avventa con determinazione, ma purtroppo il suo stage termina a metà del viaggio e ci dovremo salutare. Un’ora e mezza di puro divertimento, il modo migliore per scaricare la stanchezza accumulata in questa prima settimana. Torniamo rapidamente ai nostri alloggi per fare una doccia e prepararci per la serata, che l’amministrazione e la Pro Loco di Laino hanno preparato appositamente per Scuola Calabria. Arriviamo in cima al Borgo con lo Scuolabus, nello stesso punto di stamattina ma questa volta l’accoglienza è organizzata diversamente: è stato messo in scena il presepe vivente, per cui Laino ormai è famosa, infatti nel 2018 ha vinto un premio nazionale per il migliore presepe vivente d’Italia. La riproposizione del Presepe è parziale, ovviamente, ma vengono messi in scena i mestieri del tempo (artigianatodelle zampogne) ed elementi della tradizione (la lavorazione della pasta fatta in casa). Lo scenario sicuramente da un aiuto fondamentale alla rappresentazione, infatti non vi sono elementi moderni né nelle architetture né lungo la strada, solo qualche automobile parcheggiata lungo la stradina d’ingresso. In fondo, sempre nella piazzetta di S. Teodoro, vi è allestito un lungo tavolo per il buffet e tavoli e sedie per cenare. Come sempre sul quel tavolo vi era ogni pietanza possibile, tutte legate al territorio ed alla lavorazione povera dei prodotti e nell’esecuzione delle tarantelle e musiche popolari, cambiano gli strumenti ed accanto alla ciaramella[3] ed ai tamburelli vi è la zampogna[4] invece dell’organetto. Verso la mezzanotte, salutiamo tutti, ringraziando per l’ospitalità ricevuta e risaliamo sullo Scuola Bus che ci riporta all’agriturismo. Una tranquillità surreale, non si sentono rumori o voci solo i versi di animali notturni e qualche eco dalla autostrada vicina.
[1] Cfr.: F.Mollo, Guida Archeologica della Calabria antica [2] E. Galli, Per la Sibaritide. Studio Topografico e Storico, Acireale, 1907. [3] Si tratta di uno strumento musicale aerofono, legato alla tradizione popolare ed appartiene della famiglia degli oboi. Per alcuni la zampogna è composta da due ciaramelle a cui è collegata una sacca d’aria. [4] Strumento musicale a 4 canne, solo due servono per suonare e la sacca d’aria è realizzata in pelle di animale. Si sviluppa diversamente in base alle zone: ad esempio in scozia è la cornamusa.