Mercoledì 11 settembre- Rocca Imperiale
Anche stamattina la sveglia suona presto, sono le 7.00. Ci prepariamo velocemente e raggiungiamo la piazza per fare colazione, cappuccino e cornetto in uno dei bar storici del paese, ultimo pit-stop di Rossano prima di metterci in viaggio per raggiungere Rocca Imperiale. Fiorenzo, il nostro driver, avrà un po’ di chilometri da percorrere per portarci a destinazione e mentre le porte si chiudono, Alessandra (prof.ssa di lingua italiana) inizia la sua prima lezione. Le lezioni di lingua sono uno degli aspetti che rientra nel programma di viaggio: “fare scuola d’italiano in autobus”. Mentre i ragazzi iniziano a parlare, presentandosi e spiegando le loro origini, Alessandra ascolta e valuta i diversi livelli, constatando che non tutti hanno la stessa conoscenza dell’italiano. Ad esempio Mariel, Daniela e Nicolas hanno una conoscenza base della lingua, riuscendo bene sia nella comprensione che nel dialogo. Per loro tre non è la prima volta in Calabria: Mariel e Daniella avevano aderito anche ad altri progetti, mentre Nicolas era già stato altre volte in visita dai parenti ad Altomonte. Mateus, Candela e Marina non erano mai stati in Calabria o in Italia ma comunque riescono a comunicare abbastanza bene. Christina, Stephen, Gabriella e Philip, parlano quasi esclusivamente in inglese, con poche parole italiane acquisite oralmente in famiglia. Ci stiamo rendendo conto che, nell’arco della giornata, facciamo un discreto sforzo mentale per la comunicazione tra noi, che avviene principalmente in italiano ed a volte in inglese. Con Marwan, che viene dal Cairo, parliamo quasi esclusivamente in inglese, lui conosce pochissime parole in italiano e comunque la sua madre lingua è l’arabo. Si è creata una bellissima mescolanza di lingue, culture e tradizioni a bordo del Bus di Scuola Calabria. Mentre prosegue la lezione di italiano, ogni membro della troupe e dello staff è impegnato nell’organizzazione della giornata, io continuo a narrare di questa epica e leggendaria avventura. Stiamo percorrendo la strada statale 106 in direzione nord, alla nostra destra la linea ferroviaria jonica ed il mare, alla nostra sinistra si iniziano a vedere le alte cime della catena montuosa del Pollino. Rocca Imperiale, lungo la costa jonica è l’ultimo paese della Calabria, si trova al confine con la Basilicata e precisamente con il territorio di Nuova Siri. La statale 106, che stiamo percorrendo,segue la costa, mettendo in comunicazione tutti i piccoli centri dell’area Jonica da Reggio Calabria fino in Basilicata. In circa un’ora e mezza di viaggio attraversiamo un territorio che nel corso dei millenni è stato il centro di grandi città. Superiamo anche il fiume Crati[1] e proseguiamo verso nord. La Piana di Sibari, che prende il nome dal territorio che occupava la Sibarys[2] greca, è la distesa pianeggiante più grande della regione ed è attraversata da due importanti fiumi, il Crati e dal Coscile, che confluisce nel Crati pochi chilometri prima di sfociare nel mare Jonio. Sul Bus l’aria è serena, la lezione d’italiano è terminata e riprendiamo a scherzare. A turno iniziamo a scegliere musica e subito mi rendo conto che i ragazzi dall’America Latina sono innamorati della musica italiana. Oltre a conoscere molti dei nostri artisti nelle Top attuali, conoscono anche molti brani che appartengono alla cultura musicale italiana (Albano, Modugno, Celentano ma anche Laura Pausini e Tiziano Ferro). Ad un tratto, dai finestrini scorgiamo un meraviglioso ed antico castello, costruito su scogliera a picco sulla spiaggia: il Castrum Petrae Roseti, edificio fortificato e dimora estiva di Federico Barbarossa. La sua fondazione risale all’epoca normanna, ma fu ricostruito per volontà di Federico II[3]. Quando si sta bene il tempo passa in fretta… così siamo già arrivati a Rocca Imperiale, uno dei Borghi più belli d’Italia in Calabria. Arrivando in paese ciò che risalta nel panoramaè il Castello, che primeggia sul lato orientale di una rocca naturale e sotto di esso un centro storico fitto di case e stretti vicoli. Una giornata bellissima, calda e serena, ad accoglierci moltissime persone. Scendiamo dal Bus nello scenario dell’ex convento dei Frati Osservanti, ora sala consiliare dove, oltre al sindaco e all’amministrazione comunale, ad attenderci vi erano diversi ragazzi di associazioni culturali e cittadini. Tutti vengono incontro salutandoci come se non ci vedessimo da anni, come se Scuola Calabria avesse riportato in patria i parenti emigrati tanti anni fa. Siamo sullo spiazzo esterno del’ ex-convento, dove tra qualche minuto, si terrà la conferenza stampa per la presentazione del progetto e dei suoi partecipanti. Abbastanza di frequente, all’interno dei nostri paesi, antichi conventi ormai in disuso vengono ristrutturati e destinati ad ospitare gli uffici comunali. I conventi rappresentano evidenze architettoniche medievali cariche di significato e di storia e vengono considerati rappresentativi di un luogo e quindi universalmente riconosciuti al suo interno. Siamo dinnanzi ad una tipica struttura conventuale francescana: chiostro, porticato, celle e Chiesa annessa. Da alcuni atti antichi, Registrum Bullarum[4],è possibile trovare l’indicazione relativa all’autorizzazione concessa ai frati per avviare la costruzione della Chiesa e del Convento nel 1562. Il lavoro di costruzione fu affidato interamente all’Ordine, che impiegò più di trent’anni per la realizzazione finale. Al termine della conferenza, durante la quale sono state presentate anche le associazioni giovanili che ci accompagneranno alla scoperta del Borgo, abbiamo raggiunto il maestoso Castello in compagnia dell’Associazione Stupor Mundi, richiamando a Federico II di Svevia e al suo impero. Si tratta di una espressione latina utilizzata in ambito militare che glorificava la figura di un generale o di un imperatore romano. Il suo utilizzo in periodo medievale è attestato solo negli scritti di Matteo Paris, parlando di Federico II di Svevia[5]. Il presidente dell’Associazione, Marisa, èla nostra guida all’interno delle mura e per le vie del borgo. Il borgo di Rocca esiste in relazione al Castello, alla funzione difensiva prima e residenziale dopo. La posizione è invidiabile, dal punto più alto della rocca l’orizzonte è il Golfo di Taranto, di cui a cielo terso all’imbrunire si può vedere la luce del faro di costa. Alle spalle del Castello ci sono le montagne, che si ricongiungono alla catena montuosa del Pollino. I centri urbani visitati fino a ieri erano parte di un comune di circa 80000 abitanti. Rocca Imperiale, 3300 abitanti[6], è divisa tra la zona marina, ed il centro storico, arroccato ad appena 200 metri d’altezza, che conta poche centinaia di presenze fisse. Con l’aiuto di un piccolo autobus, messo a disposizione dall’amministrazione comunale, siamo giunti in cima al Castello e ci accingiamo ad entrare nelle mura. Percorrendo il vialetto in ciottoli che porta all’ingresso ci si rende conto dell’imponenza della struttura, che crea nella mente l’idea di qualcosa di impenetrabile. Il Castello è d’impianto federiciano ma, nella struttura non è rimasto quasi nessun elemento architettonico distintivo del periodo. Probabilmente un iniziale impianto svevo, più piccolo e a pianta quadrata è stato inglobato negli ampliamenti dell’edificio, voluti nel 1487 da Ferdinando di Aragona. Si presenta a noi con, un mastio, un alto muro di cinta con parapetto ed un profondo fossato di 8 metri, in una pianta quasi rettangolare con 4 torri di diverse impostazioni (2 cilindriche tronco-coniche, una quadrangolare ed una cilindrica centrale, verso le montagne) che racchiudono undongione[7] interno. La parte inferiore conserva le caratteristiche architettoniche di una struttura fortificata di difesa, di alcuni ambienti è stato anche possibile capirne la destinazione e la funzionalità: piazza d’armi, deposito, cucine, stalle, punti nascosti di vedetta, stanze di rappresentanza ed appartamenti privati. Il Castello, dopo il periodo aragonese, continua a sopravvivere nei secoli aumentando la sua magnificenza con un piano superiore che accoglieva gli appartamenti nobiliari delle famiglie che vi susseguirono. In cima al castello è stato allestito un buffet appositamente per noi, con pietanze tipiche della cucina calabrese e rocchese (sott’oli, insaccati, polpette, frittate, primi e secondi piatti e qualche dolcetto tipico) qualcosa di deciso ma non troppo pesante, visto che la giornata è ancora lunga. Prima di spostarci agli alloggi, visitiamo anche il piano superiore, aggiunto nel ‘700 ad opera delle famiglie nobiliari che lo hanno abitato. Raggiungere gli alloggi di oggi significa passeggiare per il centro storico, si tratta di piccoli B&B distribuiti tra i vicoli del Borgo. Dopo un breve break siamo stati accompagnati attraverso il centro storico per vedere e capire le particolarità che hanno inserito Rocca tra i Borghi più Belli d’Italia. Mentre ammiriamo e vicoli, tra una salita e una scalinata, il sole è al tramonto ed in questa atmosfera iniziamo unitinerario “sacro” guidato ed organizzato dall’Associazione Stupor Mundi. L’itinerario ha dato vita alle vie del Borgo concentrando l’attenzione sulle chiese e dando risonanza anche ai mestieri antichi. Nonostante sia un piccolo paese, Rocca è un esempio di valorizzazione del bene culturale che passa dalle menti e dalle mani di associazioni di giovani rocchesi. Riprendendo in mano la storia del posto, ricordando che l’agglomerato urbano si costituisce contemporaneamente al Castello, la prima chiesa che visitiamo è la più antica di Rocca Imperiale, quella di Santa Maria in Cielo Assunta, databile al 1239 come attestato dal campanile, da iscrizioni paleografiche sotto la cornice apicale della torre campanaria. Si rintracciano elementi di fasi successive, ma lo stile è romanico ad unica navata con ingresso da nord e sud e sul pavimento si vedono piccoli accessi criptali a sepolture di parroci e famiglie nobiliari. Le scalinate ed i vicoli ripidi che corrono su e già nel borgo, seguono vecchi tracciati interni che portavano al castello rapidamente. Tra questi queste piccole umili dimore furono costruite numerose Chiese, alcune crollate nel corso dei secoli a causa di violenti terremoti ed altre sopravvivono ancora. Nel percorso abbiamo visitato l’edificio dedicato alle Cappelle di S. Giovanni, del SS Rosario e del Carmine edificato nel XV sec. ed inizialmente dedicato a S. Giovanni Battista. Lungo il percorso sono state messe in scena momenti tipici di vita contadina: arti e mestieri di un tempo. Il tour termina con l’arrivo al Castello, dove è stata preparata una festa in occasione del nostro arrivo. Ormai è sera e quassù dal Castello il panorama è molto suggestivo: le luci del borgo che lasciano intravedere qualche vicolo e sullo sfondo le luci dei lampioni stradali tracciano la linea di costa, oltre la quale vi è il mare. Le tavole del buffet, distribuite lungo il perimetro della piazza d’armi, sono ricche delle migliori prelibatezze locali, con numerosi piatti per tutti i gusti. Trascorriamo qualche piacevole ora accompagnati dalla musica folklorica a ritmo di Tarantelle, mentre una giovanissima pittrice compone la sua opera, da regalare a Scuola Calabria. Anche Gianfranco, il nostro pittore è all’opera e sta per regalarci un’altra suggestiva tavola, che catturerà con la sola penna bic, uno scorcio del castello. Arrivata mezza notte, siamo stanchi e felici e ci incamminiamo a piedi verso i nostri B&B. Scendiamo in gruppo, ridendo e canticchiando accompagnandoci a vicenda, gli ultimi a rientrare siamo io, Simone S., Marwan ed Antonio.
[1]Il Crati, lungo 91 chilometri, nasce dalle pendici della Sila a circa 1650 metri di altezza, attraversa la città di Cosenza e sfocia nel mar Jonio, presso Sibari e negli ultimi kilometri attraversa una immensa zona pianeggiante (un tempo paludosa). [2] Nel territorio che rientra nella Piana di Sibari, così come nelle colline ad essa circostanti, sorsero villaggi o agglomerati abitativi già nel periodo Protostorico (Eneolotico – Età del Bronzo) Tra il X e l’VIII sec. a.C. le genti autoctone raggiungono una propria autonomia e l’arrivo e la fusione con le nuove genti dalla Grecia (VIII sec. a.C.), portano alla creazione della potente città di Sybaris, fondata nel 720 a.C. Distrutta da Crotone nel 510 a.C., nel 444-443 a.C. fu rifondata con il nome Thurii, ad opera di diversi popoli della Grecia. Nel 193 a.C., assoggettata ormai a Roma, Thurii diventò colonia romana e il suo nome fu cambiato in Copia. Nel periodo tardo antico (dopo la caduta definitiva dell’impero romano nel 476 d.C.) l’intera zona inizia ad impaludarsi e presto diventa inabitabile. Da P.G.Guzzo, Le Città scomparse della Magna Grecia, Perugia, 1982 [3]F. S. Giordano, I castelli normanno-svevi di Calabria nelle fonti scritte, Soveria Manelli (CZ) 2014. [4] Nella parte XII troviamo informazioni sulla concessione dell’autorizzazione concessa per l’avvio della costruzione della Chiesa. [5]Stupor Mundi et immutatormirabilis (= lo stupore del Mondo e il miracoloso trasformatore). Si tratta di un epiteto creato dal monaco benedettino inglese Matteo Paris, successivamente alla morte di Federico II (MatthaeiParisiensis monachi Sancti Albani, ChronicaMajora. A.D. 1248 to A.D. 1259, ed. H. R. LUARD, London, 1880, vol. V, p. 196). Non esistono biografie su Federico II e le informazioni sulla vita e le sue opere è stata spesso veicolata da scritti ecclesiastici di monaci inglesi, tra cui Matteo Paris. L’espressione in questione emerge da un contesto culturale contemporaneo, creata dal monaco anche con un intento provocatorio, non fu solo esclusivo epiteto di Federico II ma fu riferita anche a Papa Innocenzo IV. Cfr.: S. Lewis, The Art of Matthew Paris in the ChronicaMajora, University of California Press, 1987;Atti Convegno Federico II, le nozze di Oriente e Occidente, 2013 Brindisi. [6] Istat [7]Il dongione (dal francese donjon)non è il torrione, ma un’area spesso circondata da un fossato (o anche da un muro)checontiene la torre (o le torri) e il palazzo, ma anche chiese, cisterne, pozzi ed edifici di servizio.