Venerdì 13 settembre- Altomonte


Sveglia all’alba, esco fuori e mi godo la vista mentre appunto le ultime cose sulla giornata di ieri. Zaino in spalla, trolley alla mano e ci incamminiamo verso il Bus. Poco più di un’ora di viaggio fino al Altomonte, riprendiamo la ss 106, attraversiamo quella che un tempo era la chora sibarita per inoltrarci verso l’area arbëreshë della Calabria del nord. Diviso tra pianura e montagna il territorio di Altomonte è attraversato dal fiume Esaro – protagonista della storia e dell’archeologia della nostra regione – ed è circondato da centri di tradizione albanese, iniziati a svilupparsi in Calabria dalla metà del 1400. Altomonte ha origini antiche ma non sono rimaste molte informazioni. Durante la fase romana, il centro sorgeva in una zona più a valle nei dintorni del sito romano di Balbia[1], successivamente all’arrivo degli arabi, ci sarà stato lo spostamento del centro in un luogo più protetto. Questo territorio più voltenel corso dei secoli cambia nome, iniziando a vivere come possedimento di famiglie nobiliari e rinominato Altomonte dalla metà del 1400. In origine e per molti anni, il territorio di Altomonte è stato proprietà del Casato dei Sangineto e successivamente dei Sanseverino. Durante lo spostamento in autobus si inizia con la lezione di Alessandra, mentre Simone S. cerca di catturare ogni istante, ogni sorriso ed emozione all’interno di numerose clip video, utili per la produzione del docu-film. Tra di noi, sul bus, c’è più fermento del solito e le attenzioni sono rivolte a Nicolas,che sta arrivando nella sua terra d’origine: il padre è di Altomonte, la mamma di Sangineto. Il nostro amico è emozionatissimo, felice ed agitato allo stesso tempo, potrà riabbracciare gli zii e cugini e passare una giornata con loro nel meraviglioso scenario del Borgo. L’accoglienza preparata è grandiosa, è presente il Sindaco con l’amministrazione comunale, associazioni giovanili, alcune ragazzevestite in abito tipicoe tantissimi cittadini. Il borgo rappresenta il passato che ha fatto storia, l’arrivo di figli e nipoti è come il ritorno, forse mai avvenuto, di quanti partirono decenni fa alla “ricerca di fortuna”. Si ritorna per conoscere le origini, per riabbracciaregli affetti, per curiosità o per conoscenza e, a volte, si torna per restare. Scendiamo in un spazio aperto sotto l’anfiteatro e ci dirigiamo verso la sala consiliare per la conferenza stampa. Arrivati nella sala consiliare, all’interno dell’ex convento francescano, i calabresi nel Mondo sono invitati a prendere posto al tavolo del consiglio, con anche il responsabile del progetto e presidente dell’IsCaPI, Salvatore La Porta. L’edificio che ospita il Municipio è l L’emozione si legge in particolare sul viso di Nicolas, la sua felicità è nei suoi occhi e si traduce in un sorriso che non lo lascia mai. In pochi minuti viene presentato il progetto, come per le altre conferenze, Salvatore espone le linee generali del viaggio e soprattutto l’obiettivo finale: la costituzione di un network dei giovani Calabresi nel Mondo. Attraverso questo viaggio, epico e leggendario, si presenta al resto del Mondo la Calabria bella e costruttiva, la Calabria che cresce e che crea nuove opportunità: una Calabria fatta di giovani. Si ribadisce la necessità di creare un turismo circolare, un flusso costante di interazioni tra le nuove generazioni: figli e nipoti di chi ha avuto il coraggio di emigrare e figli e nipoti di chi ha avuto la volontà di restare. Un flusso circolare può dare la spinta giusta alla nostra regione – come si precisa durante la conferenza–che auspica alla possibilità che questa rete mondiale di giovani calabresi sia la molla giusta per uscire da questa situazione di stati e poter allontanare i molti stereotipi che si sono creati sulla Calabria. Dopo le presentazioni di tutti, il microfono passa a Nicolas che ha preparato l’intervento di oggi da cui emerge la sua gioia per essere ritornato ad Altomonte, raccontando del calore e dell’affetto incontrato in questi giorni: “… anche se non mi conoscono, mi salutano, parlano con me, mi chiedono da dove vengo e della mia famiglia…”. Prima che la conferenza termini, il Sindaco a nome di tutto il paese, conferisce a Nicolas un attestato con cui si riconosce l’appartenenza alla comunità di Altomonte. Le molteplici sfaccettature da mettere in evidenza sono assimilabili a tre grandi aree: Beni Culturali e Paesaggistici; identità culturale e beni immateriali. Altomonte, che è tra i Borghi più belli d’Italia, ha in sé questa molteplicità, dando la giusta attenzione alla fruizione di tutto il suo patrimonio. Questo Borgo conserva un forte attaccamento al territorio e alle sue radici e gli elementi della cultura contadina sono parte del contesto culturale, ancora oggi l’economia del paese si regge principalmente su ciò che si produce dalla terra. A tal proposito, prima di lasciare la conferenza, il Sindaco ci invita per la serata alla festa dell’Agricoltura e per pranzosiamo ospiti presso la mensa della charitas, dove alcuni volontari ed un parroco si preoccupano di dare assistenza a chi è più in difficoltà. Una scelta particolare che noi apprezziamo subito, perché Altomonte e la Calabria sono anche umanità, riuscendo a capire che non esistono cittadini di seria A e cittadini di serie B. Usciti dalla sala consiliare la nostra guida del giorno, Giulio, inizia il tour dall’ex-convento dei Frati minimi e dalla Chiesa in onore di S. Francesco di Paola. Il convento rispetta i principi di un edificio del XIV sec., architettonicamente semplice diviso su due livelli con un chiostro centrale, un pozzo, ed il camminamento perimetrale èsormontato da piccole volte a crociera poggiate su una fila laterale di arcate. La Chiesa in onore a S. Francesco di Paola fu edificata probabilmente quasi contemporaneamente al convento adiacente. Entrambi custodiscono molte opere artistiche, tra cui alcuni cicli pittorici dei miracoli di S. Francesco e statue provenienti da altre chiese. Attraversiamo la piazza antistante il Municipio, prima del pranzo, ci immergiamo in piccolo tour eno-gastronomico per entrare in contatto con i profumi e i sapori del Borgo. L’identità di un popolo è racchiusa anche nel cibo che mangia e nel perché lo mangia, così quandoiniziamo a vedere lungo i balconi centinaia e centinaiadi peperoni rossi messi a seccare al sole, legati fra loro da un filo, la curiosità fa da padrona e la foto non può mancare. Questo scenario, che si ripete spesso in questi giorni, ricorda che l’estate sta finendo e si iniziano a fare le scorte per l’inverno,il peperone solo seccato può durare mesi. Dopo il pranzo in mensa abbiamo preso possesso delle nostre stanze, per un po’ di relax e per preparare i vestiti da mandare in lavanderia: polo, t-shirt e jeans. Siamo distribuiti nelle stanze di un ostello, diviso su diversi livelli, tra i vicoli del centro storico non lontano da piazza S. Francesco. Sono le 17.30 ed il punto d’incontro è sempre la piazza centrale, dalla quale con Giulio, lanostra guida, ci addentriamo tra i vicoli alla scoperta del Borgo. Alzando la testa si scorge in alto la Torre Normanna di Pallotta. Si tratta di un edificio a pianta quadrangolare, di fondazione normanna, poi ricostruita nel XIV sec., che presenta tracce di fasi differenti, come una finestra bifora, tipica del periodo romanico. La torre rappresenta un edificio di controllo e di avvistamento, dalla sua cima si ha un’ambia visuale sul Borgo, ma allo stesso tempo è il simbolo del potere e del controllo. Prende il nome dai Pallotta, la famiglia nobile che la detienetra ilXIII e gli inizi del XV sec., Al momento è proprietà di un artista locale che vi ha creato un museo per le sue opere. Lungo la strada si vedono grandi ed importanti portali di edifici nobiliari, alcuni restaurati e resi hotel o B&B. Tra questi la guida accenna al Palazzo dei Giacobini (XIX sec.), Palazzo Coppola (XVIII sec.) e Palazzo Pancaro (XIX sec.). Quasi in cima al paese, come fosse un castello, si erge la Chiesa di Santa Maria della Consolazione, costruita per volere di Filippo Sangineto, conte di Altomonte, nel 1336 su un preesistente edificio normanno. Prima di affrontare questo stupendo esempio di architettura romanica è importante ricordare che, l’arte e la scultura del trecento in Calabria sono frutto di committenze di famiglie nobili, soprattutto da parte dei Sangineto. Grazie alle attenzionie alle possibilità del Duca Filippo Sangineto Altomonte, diventa il principale centro artistico[2] nella Calabria del trecento. Secondo alcuni studi il Duca Filippo avrebbe addirittura commissionato una tela a Simone Martini: San Ladislao d’Ungheria (forse parte di un dittico)[3]. La maestosa facciata della Chiesa presenta in alto un enorme rosone, tipicamente romanico, con adiacente una massicciatorre campanaria con una bifora centrale in alto. Al suo ingresso vi è un portale archiacuto, sormontato dallo stemma in pietra di Filippo Sangineto, con un portone istoriato del 1588. Ha una pianta a croce latinacon una sola navata e, all’estremità del transetto, vi è la Cappella gentilizia dei Principi di Bisignano con un altare ligneo e statua di San Michele. Ci troviamo all’interno di un edificio semplice ma che incute un certo rigore e silenzio, l’architettura essenziale riporta indietro nel tempo velocemente, con volte a crociera, archi acuti, bifore e monofore. Usciamo dalla Chiesa un po’ attoniti dalla bellezza, con ancora in mente l’affresco trecentesco di Santa Maria della consolazione ed il sarcofago. Proseguiamo il nostro tour attraverso il Borgo, raggiungendo la Chiesa di San Giacomo Apostolo, fino a pochi anni fa era considerata la più antica. Alcune iscrizioni in greco, rinvenute al suo interno, avevano fatto supporre potesse essere di origine bizantina, ma studi più recenti hanno dimostrato che non può essere antecedente il 1182[4]. Si avvicina l’ora del tramonto e, un po’ stanchi ma soddisfatti ci avviamo verso l’ultima tappa della giornata: il Museo del Liquore. La visita di questo luogo sembra animare la curiosità di tutti, del resto anche in la pratica di produrre liquore in casa era abbastanza comune, partendo sempre da prodotti naturali portati a fermentazione con i giusti ingredienti ed utensili. Fatta sera, con l’autobus ci rechiamo alla festa dell’Agricoltura, dove ci attendono cibi della terra e della tradizione, pasta fatta in casa e carne alla griglia. Una vera e propria festa di paese. Musica folklorica e tarantelle portano tutti i presenti a ballare, in cerchio ed in coppia, bambini, giovani ed anziani, nessuno riesce a resistere al tempo del tamburello. Alcuni di noi si lanciano anche nell’autoscontro, tornando ad essere bambini per qualche minuto. Un paio d’ore di relax, immersi nella tradizione di un paese che ci ha accolti e coccolati, donandoci cultura, esperienza ed accoglienza. Tornati in paese è ormai passata la mezzanotte e domani sarà un’altra giornata piena d’incontri, ma prima di andare a dormire passiamo dall’ultimo bar aperto e brindiamo alla giornata di oggi e al viaggio di Scuola Calabria.

[1] M. Franchini, M. Colucci, I centri storici minori. Strategie di rigenerazione funzionale.

 

[2] M.P. Di Dario Guida, La cultura artistica in Calabria: Dall’alto Medioevo all’età Aragonese,1999, Roma

[3]Per approfondire il legame di Ladislao con Altomonte cfr.: F. Abbate, Storia dell’arte nell’Italia meridionale: Il Sud angioino e aragonese, 1998, Roma

[4] P. De Leo, Altomonte,1980